La legge italiana non prevede un diritto generale dei terzi alla concessione di un credito da parte di una banca, così come non è in obbligo delle banche l’instaurazione di un rapporto di credito anche su basi attive (ad esempio: un conto corrente). Questo nella considerazione dell’autonomia decisionale da riconoscersi alle banche in ordine all’erogazione o meno di un credito, ed ancor prima all’instaurazione di un rapporto creditizio, che deve avvenire sulla base di valutazioni interne della banca, non sindacabili da chicchessia, anche in applicazione concreta del principio di sana e prudente gestione imposto in generale alle banche dall’art. 5 del Testo Unico Bancario. [1]
La banca è pertanto libera di valutare, senza interferenze esterne, la convenienza di una operazione creditizia, quale decisione demandata alla sua piena ed esclusiva discrezionalità, e di negarne la concessione in tutti i casi in cui non ne ravvisi la convenienza, oppure l’opportunità (così ripetutamente: ABF, Collegio di Coordinamento, Decisione N. 6182 del 29 novembre 2013; ABF, Decisione N. 299 del 11 gennaio 2018; ABF, Decisione N. 8973 del 12 ottobre 2016). [2]
In tale linea, anche in relazione ai finanziamenti sino ad euro 30.000 di cui all’art. 13, lett. m), del Decreto Legge n. 23/2020 (Decreto Liquidità), il Tribunale di Monza, sez. I con ordinanza del 4/3/2021: [3]
“Non siamo dunque, in presenza, di un obbligo a contrarre a carico del finanziatore, posto che, contrariamente all’assunto della reclamante, l’erogazione del credito presuppone necessariamente, pur nell’ambito del conto corrente già in essere, non una mera attività materiale, bensì l’individuazione della specifica tipologia di finanziamento e la relativa regolazione normativa ed economica, quindi un atto negoziale distinto e strutturato sul quale deve realizzarsi la convergenza dei consensi, liberamente raggiunta dai contraenti in piena autonomia, cui accedere, poi, automaticamente, la garanzia rilasciata dal soggetto pubblico [Fondo di Garanzia PMI], finalizzata ad assicurare la restituzione del prestito. Pertanto, non può essere imposta, per via sussidiaria, con ordine giudiziario, l’erogazione del finanziamento, non essendo derogata la libertà negoziale, nè essendo sindacabili le ragioni che abbiano indotto la parte ad astenersi dal contrarre”.
L’attività creditizia e la relativa discrezionalità tecnica nella concessione o negazione di un credito deve comunque svolgersi entro i limiti della correttezza, buona fede e diligenza professionale, quali principi generali e di maggior valore proprio nell’attività di una banca, che è operatore professionale qualificato (nel senso che la sua attività, benchè di natura commerciale e quindi libera, è comunque essenziale per il regolare funzionamento, e direi anche benessere, di una società). [4]
È per questo, ad esempio, imposto alla banca di comunicare comunque al richiedente la decisione assunta, e cioè la negazione del credito richiesto e, se il richiedente lo domandi espressamente, anche le sottostanti motivazioni che abbiano condotto la banca alla negazione [5], non potendo la banca in tal caso limitare a richiamare genericamente una valutazione negativa del “merito creditizio”. [6] [7]
Il richiedente il credito non ha quindi diritto al “credito” richiesto, ma vanta comunque un pieno diritto a conoscere le ragioni che abbiano condotto la banca al rifiuto del credito, ed anche le motivazioni, se li richieda espressamente; motivazioni da rapportare, per i motivi anzidetti, alle concrete circostanze.
Al diritto del richiedente il credito di conoscere le motivazioni, si collega a doppio filo, quell’obbligo di motivazione delle ragioni che abbiano condotto una banca a procedere a “variazioni o revisioni o revoche degli affidamenti”, che le banche saranno obbligate a comunicare agli organi di controllo ex art. 14, n. 4 [8]), del nuovo Codice della Crisi dell’Impresa e dell’Insolvenza (Decreto legislativo n. 14 del 12/01/2019), la cui entrata in vigore è al momento stabilita al 1° settembre 2021:
“Le banche e gli altri intermediari finanziari di cui all’articolo 106 del testo unico bancario, nel momento in cui comunicano al cliente variazioni o revisioni o revoche degli affidamenti, ne danno notizia anche agli organi di controllo societari, se esistenti”
Motivazioni che nel caso della “comunicazione” ex art. 14, n. 4, del Codice della Crisi, si ritiene, dovranno essere fornite dalla banca anche se non richieste dagli organi di controllo, essendo strettamente funzionali alla possibilità per tali organi di assumere le decisioni ad essi imposte dal Codice (richiesta di spiegazioni all’organo amministrativo della società sulla situazione ed eventuale e successiva segnalazione all’OCRI dei segnali di crisi).
di Maurizio Tidona
Fonte: tidona.com
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